Bonino all’UE: rischio terroristi sui barconi della speranza

Barconi della speranza
Barconi della speranza

Non sono contro il multiculturalismo.
Non sono razzista.
Sono contro il casino.
E far entrare gente in un paese (chi passa il confine per fuggire da guerre e persecuzioni merita una discussione a parte) senza regolare in qualche modo il flusso d’ingresso genera casino.
E criminalità, visto che il 36% dei carcerati viene dal 7,4% della popolazione, costituito da stranieri di varia nazionalità. Vuol dire che se sei straniero hai una possibilità di delinquere 7 volte superiore a quella di un italiano.
Questo significa che gli stranieri sono più cattivi? Non lo credo, gli uomini sono tali a tutte le latitudini; le culture no, però.
Ecco perché chi arriva da un altro paese senza conoscere nulla del nostro, men che meno la lingua, si ritrova addosso una specie di svantaggio naturale (lo vede mia figlia a scuola con i compagni extracomunitari), dovuto proprio al fatto che non è in grado di interagire correttamente, e quindi di inserirsi con successo, con la nostra società.
Motivo per cui, se vuole sopravvivere e non perché sia malvagio, si ritrova a delinquere; pensiamo a quelli che ci vendono cd contraffatti fuori dai supermercati o finte borse di marca sulla spiaggia, durante l’estate, per non parlare di quelli che rubano o spacciano droga.
Mio nonno e suo fratello emigrarono per alcuni anni negli Stati Uniti, un decennio prima  della 2° guerra mondiale.
Ci arrivarono con il contratto già pronto, cioè partirono dall’Italia sapendo cosa avrebbero fatto e dove (nell’era del computer e del villaggio globale non ci si riesce?).
Mio padre mi raccontò che di giorno lavoravano in una industria metallurgica, un lavoro massacrante, la sera frequentavano una scuola di inglese per stranieri: avevano capito che in un altro paese non conoscere la lingua significa farsi calpestare e perdere occasioni.
Quando ritornarono parlavano inglese così bene da conoscere dei termini che non sapevano tradurre in italiano.
Quello del lavoro, però, è solo la punta dell’iceberg dei problemi che possono venirsi a creare.
Ho un’amica ginecologa, in ospedale, che mi è stata illuminante al riguardo.
Sapete a cosa va incontro chi si appresta a far partorire una cinese da poco in Italia?
Provate a dirglielo voi “Spingiiii!!!” a una che non capisce una parola; pensate ai rischi per lei e per il bambino, alla responsabilità per il medico.
Ma già, dimenticavo, siamo un paese civile, avanzato, multiculturale: dovremmo essere noi a mettere a disposizione un interprete cinese in ogni ospedale.
Pagato con che, visto che a volte i soldi non ci sono neanche per ciò che serve? E perché solo quello cinese? I romeni sono figli di nessuno? E gli albanesi, allora? E i marocchini, gli ucraini, i filippini, i moldavi, gli indiani, i polacchi, i tunisini, i peruviani e tutti gli altri?
Ci sono paesi occidentali dove gruppi di immigrati vivono tutta la loro vita senza imparare una sola parola della lingua del posto, senza essere in grado di leggere i cartelli segnaletici, figure a parte, senza capire gli avvisi negli uffici o affissi per la strada.
Non si può pensare che l’amministrazione comunale debba sempre informarsi, per fare un esempio spicciolo, su quante e quali etnie vivono in un quartiere per tradurre in altrettante lingue avvisi come: “Stanotte chiudete le finestre perché sarà effettuata la disinfestazione”.
Lo ha capito bene l’Olanda che da alcuni anni ha deciso di consentire l’ingresso solo a chi dimostra di conoscerne già la lingua e la cultura sostenendo un esame.
D’accordo, non sarà la cura definitiva, ma è comunque un inizio; oppure, a seconda del punto di vista, la fine del sogno di una integrazione più ideologica, di facciata, che reale, il triste risveglio di fronte alla sanguinosa (ricordate Teo Van Gogh?) realtà delle cose.
Peccato che per questo, dopo essere stata per decenni uno di quegli stati europei il cui multiculturalismo veniva preso ad esempio, quando ne discusse in parlamento finì col sentirsi accusata di razzismo dai soliti benpensanti progressisti a oltranza, di quelli che amano curarsi le occhiaie mettendoci sopra, anziché le ormai desuete zucchine, delle belle e grasse fette di salame.
Con le orbite così foderate, poi, pensarono bene di combattere il razzismo con proposte come questa.  L’effetto che si può ottenere, a mio modesto avviso, è esattamente quello contrario.
Regolare intelligentemente gli ingressi degli stranieri nei nostri paesi significa non solo favorire la nostra cultura con un sano confronto che, voglio ricordarlo, è possibile solo quando l’altro ti rispetta, ma anche, ed è questa la ragione più importante, mettere l’immigrato il più possibile al riparo da quelle situazioni che incontra quando si ritrova catapultato in un mondo profondamente diverso da quello in cui è cresciuto e che fatica a comprendere. Se avete tre minuti date un occhiata qui e sarà più chiaro cosa intendo.
Può aiutare anche questo.

Per concludere. Quando ospiti qualcuno in casa fallo con le dovute precauzioni, spiegandogli come comportarsi e assicurandoti che abbia capito, a vantaggio di entrambi. Altrimenti, o lo metterai in imbarazzo davanti a tutti al suo primo, involontario errore, oppure metterai la tua stessa famiglia in pericolo, se, fin dall’inizio, l’errore nel giudicarlo fosse stato il tuo.