“Scherza coi fanti e lascia stare i santi” recita un vecchio proverbio.
Ma quando chi scherza, se così vogliamo descrivere chi offende gratuitamente le cose più sacre con la scusa della satira, ha già messo alla berlina i santi, in virtù di cosa si riterrebbe obbligato ad avere considerazione dei semplici fanti, per di più già cadaveri?
Più semplicemente: se non si ha rispetto del Creatore perché rispettare le creature?
Così, quelli di Charlie Hebdo, dopo aver dileggiato il sacro hanno pensato bene (è solo un modo di dire, ovviamente) di dare addosso al profano, sfogando il loro becero umorismo sui morti del terremoto italiano del 24 agosto e sui parenti che li piangono, alcuni dei quali ancora ricoverati in ospedale, scambiando il sangue dei feriti e di chi ha perso la vita col sugo di pomodoro dei più famosi piatti italiani.
Le proteste non si sono fatte attendere: i social network si gonfiano di critiche e l’ambasciata francese si dissocia.
Vista la mala parata provano a spiegarsi meglio, ma con gli stessi modi e la stessa delicatezza.
Il risultato è che riescono a fare peggio: “Non è Charlie Hebdo che ha costruito le vostre case, è la mafia!” recita un’altra vignetta.
Come dire: ve lo meritate perché non siete capaci di sconfiggerla, la mafia, e perché siete stati ingenui a fidarvi delle inutili ristrutturazioni fatte in questi anni: cornuti e mazziati.
Una dimostrazione di sensibilità ed empatia allo stesso livello della stampa della Germania nazista, come nelle vignette sugli ebrei del settimanale dell’epoca “Der Stürmer “, per fare solo un esempio.
Eppure, quelli di Charlie Hebdo hanno sperimentato cosa vuol dire, cosa provi, quando hai davanti il corpo esanime di chi ti è caro, di chi ami; dei tuoi figli, di tua moglie, di tuo marito, di un amico.
Sanno, ricordano, cosa vuol dire fuggire dalla morte sperando di essere più veloce; e poi osservare impotente la fine di chi è rimasto indietro, essere sporchi del suo sangue.
Come si arriva ad essere capaci di scherzare sulle ferite della carne di un altro, di canzonare i corpi morti, schiacciati, a volte irriconoscibili di chi gli era più caro ed ora non c’è più?
Quale essere umano piange i suoi amici uccisi e poi deride quelli degli altri?
Sono un essere umano anch’io ma non trovo una risposta, non riesco a capire.
E tengo a dire, oggi come nei giorni della strage dei giornalisti parigini, che non sono Charlie.
Non potrei mai esserlo.