Scuola pubblica – Scuola privata

Scuola

A volte ritornano.
Non è il titolo di un horror, in questo caso, ma l’ennesima discussione avuta con un tizio sull’annosa, mai sopita questione dell’esiguo e odiato (non da tutti) finanziamento alle scuole private.
Esiguo, perché circa dieci volte inferiore, per alunno, a quello destinato alle scuole pubbliche.
A Bologna, nel 2013, si è arrivati persino ad un referendum per abolirlo.
Alla fine il sindaco, più interessato a far quadrare il bilancio che a battagliare per partito preso, non ne ha tenuto conto.
Odiato, perché “la Chiesa ha paura di vedersi portare via una fetta dei suoi guadagni” oppure “i genitori che ci mandano i loro figli non vogliono mischiarli con quelli degli altri” sono due degli argomenti che sento usare spesso per giustificarne l’abolizione con toni da guerra santa, visto che chi è contrario all’elargizione anche di un solo euro alle scuole private, paritarie o no, raramente si lascia sfuggire l’occasione di sottolineare che oltre la metà di esse è di ispirazione cattolica.
Probabilmente deve essere diventato un crimine negli ultimi anni.
Dico subito che non voglio annoiare nessuno snocciolando i dati di questa o quella ricerca, di chi si batte in favore o contro il finanziamento in questione.
In rete ne trovate a bizzeffe.
Avendo però una esperienza personale della differenza tra scuole pubbliche e private paritarie, mi ritrovo per forza di cose a guardare con favore una certa iniziativa privata (non quella di chi ti vende due anni scolastici in uno) e vorrei spezzare una lancia in suo favore.
Prima, però, un breve un aneddoto.

Mi capitò anni fa, ad un convegno, di ascoltare l’on. Mario Mauro.
Raccontò che il figlio frequentava una scuola statale in cui erano sorti problemi per la festa di Natale; sapete com’è, gli stranieri si possono offendere, o come accade spesso, ed era questo il caso, certi professori ne prendono generosamente le difese prima ancora che lo facciano: un classico negli ultimi tempi.
Comunque, un vicino di casa dell’onorevole, musulmano, aveva il figlio nella stessa classe.
L’anno dopo il vicino iscrisse il figlio in un’altra scuola.
L’on. Mauro, quando venne a saperlo, gli chiese stupito: “Ma tu sei musulmano e quella è una scuola di suore!”
La risposta fu: “Se le vostre maestre si vergognano di quello che sono, a mio figlio non hanno niente da insegnare!”
A buon intenditor…

Veniamo a me.
Ho una figlia e diversi nipoti, sparsi tra scuole elementari, medie e superiori.
Vivo nel centro Italia e nella mia città c’è un asilo gestito da una fondazione in cui le maestre sono suore; l’asilo non è il loro e si paga una retta di 200 euro, attività varie comprese.
Il livello, rispetto a quello pubblico che frequentò mia figlia, è altissimo. Il ministero dell’istruzione, che attraverso l’ufficio scolastico regionale lo finanzia con meno di 1000 euro al mese, risparmia e ringrazia perché non deve accollarsi i costi relativi ad un asilo comunale.
Per le elementari iscrissi mia figlia in un istituto scolastico di una congregazione di suore, in una città qui vicino.
Le maestre erano laiche, come accade ormai nella maggior parte di queste scuole, visto l’esiguo numero di religiose rimaste a mandarle avanti.
L’edificio rispettava tutte le norme sulla sicurezza, non come in tante scuole statali dove rischi che ti cada il tetto in testa, e l’aula informatica aveva un pc funzionante per ogni alunno, solo per dirne un paio.
È vero, gli stipendi erano più bassi del normale, ma la retta era ridicola (80 euro al mese, mensa e quota riscaldamento a parte) e il contributo statale per queste scuole particolarmente ridicolo.
La scuola, ovviamente, veniva usata dalle maestre come trampolino di lancio per la statale, ma la preparazione dei ragazzi era comunque molto buona.
Dico era, della situazione attuale non sono informato, perché dopo aver resistito per alcuni anni contraendo debiti consistenti (strano, la scuola cattolica non era un affare?), le suore hanno dovuto ritirarsi vendendo ad un gruppo già proprietario di un altro istituto, che non occupandosi di carità ha pensato bene di aumentare subito la retta del 350%, oltre che di aggiungere una scuola media per aumentare l’offerta.
Ora le suore sono in una loro missione in America Latina.
Insegnano a bambini contenti di avere anche solo un quaderno, un banco su cui poggiarlo, e qualche matita colorata comprati coi soldi che riescono a raccogliere in Italia, sicuramente più di quanti gliene restavano prima, dato che non fanno più debiti a causa di una scuola in perdita.

Purtroppo capita anche che ci siano scuole private con un livello inferiore a quello di una buona scuola pubblica. Può dipendere da motivi diversi, un cambio del preside o una gestione clientelare, del tipo dammi-i-soldi-prendi-il-diploma; a me non è capitato e so che dalle mie parti sono casi più unici che rari.

La scuola privata può dare l’impressione di essere una scuola per ricchi, ma c’è gente con lavori normalissimi che paga una retta ragionevole considerandolo un investimento per i propri figli. La mia, ad esempio, è una famiglia monoreddito e io lavoro come dipendente.

Chi lo fa ha visto la differenza e paga per avere quella, altrimenti non si spiega perché un marocchino musulmano, con i miei stessi problemi ad arrivare a fine mese, mandi il figlio dalle suore.

C’è differenza, perché la scuola privata può licenziare un insegnante inidoneo o indegno, nella pubblica è difficilissimo; ci sono passato quando a scuola ci andavo io, con un professore che insegnava ben due materie.

C’è differenza, perché genitori e suore lavorano per lo stesso scopo, e se quest’ultime chiamano una mamma per comunicarle che il figlio si comporta male, non si sentono rispondere che è perché non sanno fare il loro lavoro.

Gli stipendi di cui venni a conoscenza oscillavano tra gli 800 e i 1100 euro (sono dati vecchi ormai di qualche anno e riferiti ad una scuola in difficoltà che poi è stata venduta), pagati grazie ad una piccola retta e un misero contributo statale.
Se il contributo fosse adeguato, ma sempre conveniente per lo stato, il problema degli stipendi non ci sarebbe.

È vero, le private fanno fatica a prendere ragazzi con problemi perché non possono permettersi di pagare un altro insegnante, quello di sostegno.
Se obblighi un privato a rispettare delle regole che tu, Stato, sei il primo a non considerare, quello che cerca la concorrenza facile non è certo il privato.
Mi riferisco al fatto che le paritarie, almeno dalle mie parti, devono avere strutture perfettamente a norma di legge, non edifici pericolanti e fatiscenti, altrimenti non aprirebbero o verrebbero sanzionate.
Se le statali ristrutturassero tutte le sedi che ne hanno bisogno, neanch’esse potrebbero permettersi l’insegnante di sostegno (in molte non c’è comunque).
Il punto è che purtroppo non hanno fondi neanche per mettersi a norma.

A proposito di fondi ho trovato questa notizia, passata purtroppo sotto il silenzio colpevole dei media, forse perché non si è trattato di un vescovo che prende moglie o di un capo scout che molesta ragazzini.
Ai primi di gennaio si è suicidato gettandosi dal sedicesimo piano di un suo edificio Robert W. Wilson, 87 anni, multimilionario degli hedge fund con un fiuto straordinario per gli affari e non solo, dichiaratosi apertamente gay e ateo.
Gli amici e i conoscenti lo considerano una “leggenda”, un uomo fuori del comune proprio per il fatto di aver donato in opere di carità tutta la sua immensa fortuna prima di morire.
Robert Wilson ha fatto grosse donazioni anche all’Arcidiocesi cattolica di New York, al World Monument Fund, alla Nature Conservancy e alla Wildlife Conservation Society.
Nel 2010 intervistato da Bloomberg News disse: “Mi sono reso conto che in tutto il Paese stavano chiudendo molte scuole cattoliche e Bill Gates probabilmente non aveva abbastanza denaro per salvarle tutte. Così ho deciso di dargli una mano”.
Aiutando le scuole cattoliche pensava di aver fatto una cosa giusta e anche redditizia per il suo fondo di investimento: “Sono ateo, ma le scuole cattoliche sono di eccezionale livello qualitativo e quindi ho creduto fosse mio dovere aiutarle”.

Concludo, anche se mi rendo conto di aver dato solo una grattatina ad una questione di grandi proporzioni: lo sapevate che Gramsci (anche perché sperava di fare concorrenza ai cattolici) era un sostenitore della scuola libera?
Uno spunto interessante: http://www.tempi.it/al-referendum-sulle-scuole-paritarie-di-bologna-anche-gramsci-voterebbe-b#.UlresFDIaWE