50 anni e non sentirli (neanche negli annunci di lavoro)

 

Non è raro, di questi tempi, ricevere richieste di lavoro da parte di amici e conoscenti, quasi tutti cinquantenni, e ritrovarmi a non poter essere di alcun aiuto a causa della persistente situazione di grande difficoltà generale.
Una cena con alcuni amici di vecchia data mi ha, in particolare, messo davanti alcuni desolanti aspetti del mercato del lavoro degli ultimi anni.
“Ciao Mario, come stai? E il lavoro?” domanda cruciale, ma che non mi sono sentito di evitare.
“L’ho perso, ma almeno mia moglie lavora. E tu?”
Devo ammettere che mi sono sentito un po’ in imbarazzo.
“Bene. Lavoro, mi pagano…”
“Regolarmente?”
“Si…”
“Anche gli straordinari?”
“Si, tutti.”
“Che fortuna!” (il termine usato è stato un altro, in verità)
La discussione è partita più o meno così e ha trascinato dentro anche gli altri senza bisogno di inviti.
“Azienda ricerca 2 magazzinieri per stoccaggio merci da 20 a 38 anni.
Necessario curriculum…” fa Pietro a un tratto con un tono altezzoso, come scimmiottando un annunciatore davanti a un microfono.
“Ma ti rendi conto? Che ci fanno col curriculum? E se io sono il dio dei magazzinieri? Cos’è, non mi fai lavorare solo perché ne ho appena compiuti trentanove.”
O peggio ancora, cinquanta.
Se hai già passato la soglia dei famigerati cinquanta sei fuori.
Sei come un cane malandato: non ti vuole nessuno, solo il tuo vecchio padrone, o forse neanche quello.
Perché, diciamolo, quando sei da venti o trent’anni in una azienda, dall’alto della tua esperienza pazientemente e faticosamente accumulata sul campo, diventi un tantino presuntuoso, e anche rompiballe.
Insomma, finisci col metterti in testa strane idee.
“Senti, io la voglia di lavorare ce l’ho sempre avuta, ma non è possibile che questi furbacchioni (altro termine che ho cambiato) vogliano lo straordinario compreso nello stipendio.” interviene Fabio, commesso.
“Almeno tu non rischi i polmoni. Quando in verniciatura ho bisogno di cambiare i filtri della mascherina devo chiederglieli in ginocchio!” ribatte Alessandro.
“Ragazzi – comincia Aldo, in contabilità, laurea in economia da vent’anni – io faccio il lavoro più pulito di tutti. Ma con l’attuale datore di lavoro il mio stipendio è tornato ai livelli di dieci anni fa; inoltre da quest’anno mi tocca prendere ordini dal figlio, fresco di laurea, del titolare. Mi sa che ognuno qui ha i suoi bei rospetti da inghiottire, eh?.”
Ricordo che mentre li ascoltavo avevo cominciato a chiedermi: ma in che paese stiamo?
Davvero questo è uno spaccato della situazione attuale?
È davvero questo il valore che molte imprese danno all’esperienza dei loro dipendenti?
Perché quello che continuava a emergere dalla discussione era che per i vari “boss”, qualunque fosse il settore, se sei il più anziano devi darti da fare di più.
E invece hai il coraggio di lamentarti!

Il ricordo della cena si ferma qui; mi resta una domanda:
dov’è il dipendente/cinquantenne di una volta?
Quello che lo pagavi e faceva quel che gli dicevi, come la “vieille garde” di Napoleone, pronta anche alla morte per il suo imperatore, senza problemi, senza aspettare, senza obiettare…e senza cervello.
Perché, cari imprenditori che vorreste un dipendente docile e pronto a eseguire gli ordini come un ebete, ma anche autonomo e intelligente, sembrate non voler accettare che usi quella stessa intelligenza quando esprime un punto di vista diverso, proprio a partire da quella lunga esperienza che lo rende a volte così prezioso (e rompiballe!).
Chi lo sa, magari potrebbe riuscire anche a farvi risparmiare tempo e denaro, se gli deste retta.
Il famoso capitale umano, l’ossatura di una azienda, la reale ricchezza di una società.
Osannato perché “fa-come-se-la-ditta-fosse-sua” e bistrattato come una Cenerentola; ricercato come superesperto e non considerato, come fosse arrivato ieri; strapagato (è da vedere) perché indispensabile e sfruttato come se a farlo lavorare gli si facesse un favore; rompiscatole come il peggiore dei titolari e disponibile come il più giovane degli apprendisti (quelli di una volta).
Il cinquantenne dei nostri giorni, esperto e pieno di risorse ma senza avere al seguito la dote di sgravi fiscali di un venti/trentenne, sembra una sorta di essere ibrido, né carne né pesce, né cattivo né buono, destinato a tenersi cara la sua vecchia qualifica, perché con quella si sente qualcuno, ci si ritrova, sa di cosa è capace, mentre un mondo tutto nuovo lo prende sottobraccio fingendosi interessato, troppo spesso solo a prenderlo a calci, parlandogli di stakeholders, brainstorming, leadership, management, workflow, follow-up e goal.
E se, frastornato da cotanta “innovation”, vi capitasse di vederlo annaspare nel tentativo di capire a quale categoria appartenga ancora, o se faccia parte di una specie a rischio d’estinzione, bacchettatelo pure sul valore aggiunto di un dipendente, consigliategli pure un corso serale di inglese, ma non ditegli semplicemente che può inviare un curriculum solo se ha dai 20 ai 38 anni.
Potrebbe venirgli il dubbio di vivere in un paese in cui ciò che sa fare non sia ciò che conta.
Non quanto l’età, almeno; anche se non è una “skill”.

PS: per i cinquantenni a digiuno di inglese e/o così pigri da non voler neanche pigiare il dito sulla barra di ricerca del loro smartphone, segue un piccolo vocabolario (molto semplificato).

Brainstorming – quando il boss fa parlare tutti prima di decidere, anche se poi decide come se nessuno avesse parlato.
Follow-up – verifica dell’efficacia delle misure adottate: controllare la presenza di un aumento in busta paga dopo aver minacciato di andarsene, non è follow-up.
Goal – ciò che ti poni come obbiettivo: se cerchi lavoro, quello è il tuo goal.
Leadership – potremmo riassumere con “carisma”; spesso, purtroppo, è come la quattordicesima nel contratto dei metalmeccanici.
Management – i manager (e le loro funzioni); sono quelli che, per parlarti del tuo lavoro, amano usare termini inglesi pensando che per te siano arabo.
Skill – abilità, capacità acquisita di svolgere un compito: tutte quelle cose per le quali ti sei sbattuto per anni facendole tue; l’età, come ho già detto, non è tra queste.
Stakeholders – chiunque abbia a che fare con una azienda: clienti, fornitori, banche, dipendenti rompiballe, ecc.
Workflow – automatismo per velocizzare la lavorazione e ridurre l’errore umano (non il numero dei cinquantenni in azienda, state tranquilli)